giovedì 8 luglio 2010

SULLA LAVASTOVIGLIE

Innanzi tutto ho scoperto che per quanto riguarda la lavastoviglie basta cambiare prospettiva.
Se la carichi sempre dallo stesso lato diventa noiosa se non insopportabile, tutta l'operazione. Che poi non è che l'ennesimo marchingegno moderno per contribuire alla forzata sublimazione del senso di colpa.

Proprio così, della forzata sublimazione cosìecosì, perché mi sa che il senso di colpa alla freudstyle, quello delle scimmie che uccidono il padre e poi si inventano la menata del rituale con tutto il fatto della nascita della religione, quel senso di colpa lì mica è più applicabile alla società moderna; no. Infatti no, ora c'è la forzata sublimazione.
Per tornare alla lavastoviglie. Se fosse per freud avrei diritto al senso di colpa, (e perchè poi si può applicare l'antelitteram e basta a qualsiasi cosa e quindi via col femminismo antelitteram) il senso di colpa perché sia sempre io a riempire sta lavastoviglie, e che menata ogni volta sciacquare i piatti. Che poi il mio lavandino è messo malissimo, per metà è inaccessibile perché è nell'angolo del piano-cucina, poi che poi per tenere aperta la lavastoviglie devo farmi da parte dal lavandino e insomma una cosa o l'altra. In sostanza freud mi direbbe è una questione di senso di colpa, autoreferenziale: perché non riesco a essere così cazzuta da dire riempi la lavastoviglie e non lasciare niente in giro perché io non ho intezione di svegliarmi domattina con i residui della cena.
"Domani è un altro giorno!" mi sentirei dire, con tono più sarcastico che ironico nel significato e più ironico e meno sarcastico nell'esposizione.

Insomma "il senso di colpa autoreferenziale, contaminato da una sensibilità femminista antelitteram", si direbbe con il padre degli psyco.
Ma invece no: come il signor Apple ha già in canna le prossime dieci versioni dell'Iphone che ancora non ci vende, così sigmund aveva in canna la famosa sublimazione forzata del senso di colpa.
Cioè, se fossi nata nel trentasei avrei il senso di colpa per aver pensato per un attimo con fastidio (perché la sufficienza non era ancora stata inventata) al mio ruolo di donna che carica la lavastoviglie.
Se fossi nata dopo gli anni sessanta avrei il famoso senso di colpa autoreferenziale: perché non riscatto me stessa dal caricare la lavastoviglie.

Il fatto dell'essere nata nel 1981 e di avere ventinove anni nel 2010 mi costringe a prendere atto che la lavastoviglie è un lusso assoluto, che non ho alcun diritto di lamentarmi quando c'è gente che altro che manco ce l'ha la lavastoviglie. Manco ce l'ha il detersivo: manco ce l'ha la spugna, manco ce l'ha i piatti da lavare che magari non ha manco mangiato, manco ce l'ha un posto diverso dal bagno per lavare, manco ce l'ha l'acqua corrente! manco ce l'ha una casa dove cucinare, manco ce l'ha una persona con cui, guardando beautiful o la partita (quanto è facile essere piccoloborghesi!), ha mangiato sporcando quei piatti, manco ce l'ha.
E allora che diritto ho io di provare fastidio per tale operazione, pur contestualizzando.
Non penso ci sia d'aggiungere altro, sulla forzata sublìmazione del senso di colpa, se non qualcosa di irrisolto. Se si è sublimato, in quale altra cosa esprimo?



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4 commenti:

  1. è un dilemma grosso...

    vado a svuotare la mia...

    lo faccio io, perchè se aspetto che lo faccia lui...

    però però...

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  2. T'è venuto giusto un po' di senso di colpa e stai per sublimarlo!

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  3. E i piatti, bicchieri, posate di plastica? Molti li odiano, eppure si risparmierebbe in sensi di colpa e kilowatt. Certo poi ci sono pentole e padelle, quelle è un po' difficile usarle di plastica... Intanto l'iPhone non ha ricezione se lo prendi in mano nel modo sbagliato (un po' come il pene per Freud!)........

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  4. Poi parte la cosa del riciclo, e anche lì si potrebbe dire, ma lascio perdere, sono quelle cose che si fanno in silenzio!

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