domenica 18 marzo 2012

LA VITA E' SOGNO

Roma è così come la descrive Ozpetek, come lui la vede. Roma è quella città che si vede passare dai finestrini e dalle porte dell'8. Il Tevere e Largo Argentina, con quella luce lì e quelle macchie dei vetri del tram. Roma è quella casa con la carta da parati e i mobili di legno laccato e i divani di velluto a Monteverde. Roma è tutte le macchine parcheggiate e donne e uomini di ogni età in motorino. Roma è il cornettaro che apre di notte. Roma è il bar sotto casa con il tavolino risicato. Roma è un fuori sede che fa l'università in modo approssimativo perché in realtà vuole fare l'attore. Roma è quella sensazione di stupirsi ogni giorno. 
Roma è carica di tutto quello che ha vissuto perché tante delle cose più belle e più brutte che si ricordano nei libri sono accadute qui. 

Roma è quella Roma anche di Sibilla, che dalla soffitta di via Margutta 42 scendeva e camminando sui sanpietrini con delle scarpe allacciate col tacco ora tornate di moda camminava fino a Villa Borghese.

Però io dico che quest'anno Woody Allen aveva già scomodato Calderon de la Barca, com'è che lo ripropone Ozpetek, seppur in chiave Elio-Germano-style che merita sempre? Anzi direi condito con l'eterno ritorno Nicciano nel discorso finale che sovrappone due momenti storici: il nostro e gli ultimi anni della seconda guerra mondiale.  
Credo di essere condizionata dall'Elio-Germano-style e di essere stata condizionata dall'ultimo primo piano tenuto fino all'ultima riga dei titoli di coda: quel modo tragico e autoironico di interpretare fa passare uno dei tanti possibili messaggi, che non è più tanto vero che si stava meglio quando si stava peggio.
Non è più tanto vero perché è già una definizione e noi che nel 2012 ci viviamo (passatemi il doppio complemento di tempo/luogo che fa tanto giovane scrittore di Peyton) non possiamo darci nessuna definizione, viviamo e basta. Il massimo che possiamo fare è confrontarci con il passato, così come ci hanno insegnato a scuola quando il Romanticismo è negazione dell'Illuminismo, il Settecento è il superamento del Barocco, il Manierismo è una fase estrema delle fisse del Cinquecento, l'Umanesimo è la risposta alla chiusura medievale, il Medioevo è una sporcatura dell'antichità, i romani contavano le pecore dopo che i greci elucubravano guardando il mare da uno scoglio. 
Insomma tutti siamo bravi a semplificare il passato, basta prendere un manuale del liceo. Invece ognuno ha la propria visione del presente e quella di Ozpetec secondo me ci sta tutta.

12 commenti:

  1. Post epocale.
    Non l'ho ancora visto il film.
    ieri ci sono stati i miei e a loro non è piaciuto tanto! io in genere amo molto germano, con quella faccetta un pò così e gli occhi vispi. ozpetek, invece, non sempre lo amo.
    come è diversa, roma, da milano!

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  2. Roma è così come la descrivi tu, io ho passato tre anni della mia giovinezza in quella città e ancora non riesco a riconciliarmi con lei; il nostro è sempre stato fino da quando io ero bambina un rapporto viscerale.
    Mi ricordo la prima volta che mi sono trovata davanti all'altare della Patria, era la cosa più imponente che io avessi mai visto; più alto delle montagne, più sconfinato del mare. In ogni mio viaggio a Roma ero sempre più esperta e volevo conoscerla a fondo, nell'utopia di poterla, un giorno, possedere. Avevo vent'anni quando finalmente ho avuto l'opportunità di viverla davvero, vivere fagocitata dalla Big City (come la chiamavo io che me ne venivo da Firenze). Mi è sempre mancata la leggerezza della vita da studente, naturalmente volevo fare l'attrice e studiavo teatro, non sono riuscita a non considerare questa città come qualcosa di vivo, un animale che ha iniziato a divorarmi ancora imberbe e che non sono riuscita mai a domare, ad addomesticare, da cui alla fine senza più forze sono fuggita. Ogni ricordo è una sbucciatura che mal si cicatrizza, è qualcosa che duole ancora, là, in profondità: la Roma barocca, Trastevere, villa Ada, il teatro dei Satiri, Viale Giulio Cesare, il drugstore di Piazzale Clodio, il bar del Fico, l'enoteca di via Carso, Montesacro, il quartiere africano, L'Alexanderplatz e le sue estati a Villa Celimontana, sono ancora tutti lì, sonnolenti, pronti a destarsi e far male, stanno tutti lì in uno dei miei mille vasi di Pandora.

    Per quanto riguarda Ozpetec non mi esprimo; dirò solo che per me il cinema è il grande marchingegno dei sogni e la provincialità, il uannabi radical chic, la puzza di muffa del cinema italiano fanno tutto tranne che farmi venir voglia di sognare.
    Poi potrei concentrarmi sulla grammatica di questi film, ma è meglio lasciar perdere.

    Baci Ale

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    1. Non è da buttare, anche se io mi riferivo alla rappresentazione di Roma. E per quanto riguarda Roma, forse non le hai dato abbastanza tempo, io ci vivo da dieci anni e ancora mi sto riconciliando :-)

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    2. Volevo semplicemente tornare nella mia Liguria; pur non essendo ligure di sangue è ciò che più mi rassomiglia e si concilia con il mio animo. La Liguria è il vero spazio senza tempo e senza luogo. Non per niente alcuni dei migliori poeti da là provengono. Mancando Roma.

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    3. E comunque forse non hai colto che sono stata coinvolta da questa città da quando ero bambina. Con tutto ciò che questo comporta.

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    4. No, non avevo colto, in effetti ciò cambia tantissimo il punto di vista, anche se ti assicuro che sembravano parole di una ragazza in trasferta come lo sono stata io. Interessante fraintendimento :-)

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  3. bellissima recensione/pensiero, resta il fatto però che a me il buon Ozpetec non solletica il palato

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    1. Lo so che non ti sconfinfera, io lo trovo abbastanza inconcludente.

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    2. ecco, inconcludente è la parola adatta! riesce a ricreare atmosfere lievi ed evocative, ma poi... alla fine? come dire, poi cosa resta?

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  4. Sarà che Roma la adoro, con ogni clima, con ogni evento, con ogni sampietrino fuori posto. Sarà che il film l'ho amato, pianto, vissuto e sentito forte e chiaro. Sarà che scrivi in un modo così coinvolgente da sconvolgere. Sarà l'insieme di tutte queste cose, ma non sono riuscita a trattenere una lacrima di emozione.
    Ogni lettura è uno svenimento a più riprese!
    Finora ho letto e sono rimasta silenziosa, ma questo post meritava tutte queste parole e un grazie!

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