lunedì 21 luglio 2014

La tautologia apparente

E vero sono una mamma fortunata perché ho un bambino.
Sono anche un'appassionata di figure del significato e mi piace scoprirne sempre di nuove: questa è una "tautologia apparente", cioè in questo caso un periodo formato da due proposizioni di cui la seconda, invece di assolvere la funzione che dovrebbe assolvere (causale), sembra semplicemente ripetere il concetto della frase precedente e invece non lo fa affatto e assolve la funzione che dovrebbe assolvere dopo un piccolo sforzo di interpretazione.

Fondamentalmente sembra più un discorso filosofico che retorico o grammaticale.

Al liceo abbiamo riso per settimane quando una compagna di classe durante un'interrogazione disse che "il punto di vista è il punto di vista", eppure se si contestualizza in quasi tutti i casi una tautologia è una tautologia apparente anche in un caso così eclatante come una frase soggetto=nome del predicato.

Insomma vorrei dire che sono una mamma fortunata perché ho un bambino, e non è una cosa così scontata di questi tempi. Il concetto di mamma non è concepibile senza il concetto di bambino, è il bambino che rende mamma la mamma ed è la mamma che rende bambino il bambino. Potrei dire che sono una donna fortunata perché ho un bambino ma sarebbe impreciso, la categoria mamma è - direi inesorabilmente - uno dei sottoinsiemi della categoria donna. Il fatto è che la categoria mamma-fortunata non è un sottoinsieme della categoria mamma: è la categoria mamma tutta. Non c'è mamma che non sia mamma fortunata, è impossibile.



Ho avuto bisogno di scriverlo perché credo che il cuore non basti più quando aspetti, dopo il tuo, bambini che arriveranno nelle famiglie delle persone che ami, perché ora sai cosa proveranno.




3 commenti:

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